Un orrore che passerà alla storia
Sono arrivati. In anticipo rispetto alla data ufficiale del 15 maggio hanno sortito immediatamente gli “effetti” sperati. Si tratta dei pattugliamenti congiunti italo-libici nelle acque internazionali, accordati nel Trattato firmato da Italia e Libia nello scorso febbraio (leggi nostro post sull’argomento). Gli effetti, desiderati dal Governo Italiano, sono il blocco degli arrivi nella terraferma italiana degli immigrati. Fermarli in acque internazionali significa poterli rispedire subito da dove sono venuti. Ovvero? In Libia che, firmataria dell’accordo, accetta il rimpatrio di centinaia di migranti. Molti dei quali, una volta ritornati, saranno trattenuti nei centri di detenzione per mesi forse anche anni, senza che possano essere monitorate le condizioni di vita, mentre altri saranno nuovamente rimpatriati verso i paesi di origine.
“Meglio tardi che mai”, è il titolo di un post sul blog del film documentario “Come un un uomo sulla terra” (guarda il blog), che commenta l’improvviso interesse che i media hanno dimostrato sull’argomento. Sono invece molti i mesi in cui, le diverse organizzazioni non governative come Amnesty International, Human Rights Watch, Medici Senza Frontiere, Save The Children, denunciano le violenze, le torture, le discriminazioni, le ingiustizie che i migranti africani subiscono da parte della polizia libica, e non solo. E nel frattempo il film documentario “Come un uomo sulla terra” ha continuato a girare per tutta l’Italia e anche per l’Europa, rendendo noto cosa accade a quei migranti che arrivano alle coste italiane.
E’ l’ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati…Dopo aver capito di essere stati riporatati in Libia, ci urlavano: “Fratelli aiutateci”. Ma non potevamo fare niente, gli ordini erano quelli di riaccompagnarli in Libia e lo abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno.
questa è una parte della dichiarazione rilasciata da uno degli esecutori del respingimento del 6 maggio, che ha riportato la Repubblica in un articolo.
Questo è il nodo: la scelta di tenere verso gli immigrati in arrivo una posizione più o meno dura, compassionevole o cattiva, come ha teorizzato tempo fa Maroni, spetta a chi governa. Ed è giusto che sia così. La decisione di “fare di ogni erba un fascio”, rifiutare ogni distinzione e respingere chi arriva senza neppure concedergli, per dirla coi vescovi, almeno la possibilità di dimostrare che ha diritto all’asilo, è però un’altra faccenda. Che non solo rinnega una storia piena di esuli politici (da Dante a Mazzini, da Garibaldi ai fratelli Rosselli a don Luigi Sturzo) ma, secondo Laura Boldrini e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, fa a pezzi le regole vigenti poiché “tutti gli obblighi internazionali” e anche la legge italiana “vietano tassativamente il respingimento di rifugiati o richiedenti asilo.
questo è l’intervento di Gian Antonio Stella sul Corriere della sera (vedi l’articolo).
Fortress Europe (guarda il blog) ci ricorda che già in passato l’Italia è stata richiamata e condannata dal Parlamento Europeo con la risoluzione su Lampedusa, rispetto alle deportazioni colletive in Libia di 1.500 migranti tra l’ottobre 2004 e il marzo 2005, in quanto “le espulsioni collettive di migranti dall’Italia alla Libia costituiscono una violazione del principio di non refoulement. Le autorità italiane non hanno rispettato i loro obblighi internazionali”, in più la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, non ha quindi un sistema di asilo e quindi non è un paese terzo sicuro.
Dal Ministro dell’Interno Maroni (vedi articolo sul sito del Ministero), invece, è arrivato subito un plauso per l’operazione definita di portata e di importanza storica, e una svolta nel contrasto all’immigrazione clandestina. Questa è stata una delle motivazioni del trattato italo-libico: accordarsi con la Libia per “cooperare” nella riduzione dell’immigrazione. L’Italia in questo modo si rende soltanto partecipe e corresponsabile di orribili violazioni dei diritti umani, come il diritto d’asilo, queste sì, di portata storica. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (vedi articolo sul sito dell’unhcr):
Questo incidente mostra un radicale mutamento nelle politiche migratorie del governo italiano e rappresenta fonte di grave preoccupazione. L’UNHCR esprime profondo rammarico per la mancanza di trasparenza che ha caratterizzato lo svolgersi di questo episodio.
Sebbene non siano disponibili informazioni sulle nazionalità di origine dei migranti, si ritiene probabile che fra le persone respinte ci siano individui bisognosi di protezione internazionale. Nel 2008 circa il 75% di coloro giunti in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e al 50% di questi è stata concessa una forma di protezione internazionale (leggi il comunicato dell’Acnur).
E’ intervenuto di nuovo anche il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg (vedi articolo su la repubblica), che già aveva ammonito l’Italia per il trattamento dei migranti nei centri di identificazione ed espulsioni e per la situazione quotidiana di razzismo istiuzionale (vedi nostro post sull’argomento), in questa circostanza definisce la politica dei respingimenti
Un’iniziativa molto triste, che mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto d’asilo […] evidentemente il governo italiano sta scegliendo la strada già intrapresa e scelta dall’Unione Europea.
Bisogna ricordare infatti che la Comunità Europea si è dotata di un’agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, FRONTEX. Il budget di Frontex (vedi pagina del sito) per il 2009 è di 83.250.000 €, la Comuntà Europea partecipa per 80.000.000 €, mentre 45.150.000 € sono spesi per le “Operazioni di controllo dei confini marittimi, terrestri e aerei”. Sempre e solo controllo.
A questo punto ci chiediamo: possono le politiche di controllo dei confini passare sopra ai diritti umani, in questo caso dei migranti? La risposta è: non c’è nessuna ragione di stato, nessun ordine imperativo di sicurezza nazionale che può svincolare i paesi dall’osservanza degli obblighi internazionali.
Grazie a exper per la foto.
Cercando un porto sicuro
Come avevamo segnalato nei giorni scorsi, martedì 31 marzo si è tenuto, al centro culturale S. Maria delle Grazie di Mestre, l’incontro “Fronte del porto. Migranti e richiedenti asilo alla frontiera di Venezia”.
Un video girato a Patrasso dai membri della Rete Tuttidirittiumanipertutti ha aperto l’evento, esplicitando da subito che cosa accade alle persone che vengono respinte dal porto di Venezia — come da tutti gli altri porti dell’Adriatico — senza neppure aver avuto la possibilità di manifestare la volontà di richiedere asilo nel nostro Paese.
Gli interventi che sono seguiti sono stati numerosi e stimolanti: Carlo Campana di Emergency e Giusy D’Alconzo di Amnesty International hanno fornito una fotografia della situazione dei paesi d’origine e di transito dei migranti; Mariani Papanikolaou, dell’associazione greca — operante a Patrasso — Kinisi, ha fornito importanti elementi per portare a conoscenza del pubblico italiano la situazione di totale violazione dei diritti umani che la Grecia attua nei confronti dei richiedenti asilo.
Fulvio Vassallo Paleologo dell’Università di Palermo ha aperto il proprio intervento chiedendo alla platea di osservare un minuto di silenzio in memoria delle persone che, cercando protezione nel nostro Paese, hanno invece trovato la morte; questo forte momento di raccoglimento è stato interrotto da una chiara e ferma richiesta fatta dal docente: «È tempo di porre fine alle prassi illegali implementate nei porti dell’Adriatico, che respingono persone senza neppure dar loro la possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale».
Gli interventi di due avvocati, Alessandra Ballerini e Luca Mandro, hanno ribadito come i respingimenti operati dal porto violino palesemente i diritti fondamentali dell’individuo garantiti da numerosi strumenti del diritto internazionale, come la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione sullo status di rifugiato, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti ed altri — tutti strumenti che l’Italia ha ratificato da anni.
Alessandra Sciurba di Razzismo Stop e Melting Pot Europa, oltre a coordinare l’intero evento, ha posto una serie di domande esplicite al sindaco di Venezia Massimo Cacciari, il quale, dal canto suo, ha risposto con chiarezza e senza frasi retoriche. Venezia — ha sottolineato il primo cittadino — ha da sempre dimostrato apertura e disponibilità nell’accogliere richiedenti asilo, profughi e migranti. Oggigiorno il problema principale è costituito dalla mancanza delle risorse economiche necessarie a moltiplicare gli operatori nei servizi che si occupano della presa in carico di queste persone; quello che invece il comune può e s’impegnerà a fare — accogliendo una delle richieste avanzate dalla Sciurba — sarà mettere a punto un protocollo d’intesa con la Prefettura (come è già stato fatto per affrontare l’emergenza dei minori stranieri non accompagnati) per gestire la situazione al porto.
L’incontro si è concluso con gli interventi degli Assessori del Comune di Venezia Luana Zanella e Sandro Simionato (rispettivamente a Produzione culturale, Relazioni Comunitarie e Internazionali, Politiche giovanili, Centro Pace e a Politiche sociali, Rapporti con il volontariato, Sport), i quali hanno espresso ancora una volta la necessità e la volontà di accogliere le persone che giungono a Venezia alla ricerca di un “porto sicuro”.
Foto di andreac-84 su Flickr con licenza Creative Commons: grazie!
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